Foto dei Beatles in mostra a Dubai.


Una vita professionale fortunata quella del fotografo e documentarista britannico Paul Berriff , non ci sono dubbi. Nel corso della sua lunga carriera gliene sono capitate di tutti i colori, ma grazie alla sua fortuna è finita sempre bene: è saltato da una nave che stava affondando, è scampato ad un incidente in elicottero e l'11 settembre 2001 è sopravvissuto persino al crollo del World Trade Centre. Eppure credo che per lui il colpo di fortuna più grande sia avvenuto 18 mesi fa con il ritrovamento di 38 foto inedite dei Beatles, rimaste in una soffitta per  47 anni. Le foto catturarono anche l'attenzione del "Beatles Story Museum" di Liverpool che il 25 agosto 2010 inaugurò una mostra, The Beatles Hidden Gallery, presso il celebre Pier Head di Liverpool, diventata poi mostra itinerante in giro per il mondoOra l'intera collezione si sposterà fino a giovedi 31 maggio negli Emirati Arabi, presso l' Harvey Nichols Storenel fantasmagorico centro commerciale di Dubai Mall.  
Le foto della collezione, furono scattate all'inizio della carriera dei Fab Four da Berriff, oggi 65 anni, noto documentarista della Bbc.

Paul Berriff

Ecco cosa raccontò Berriff qualche mese dopo il ritrovamento delle foto.
Da http://blog.panorama.it/culturaesocieta/2010/05/25/quattro-ragazzi-qualunque-diventati-poi-i-beatles/


«Ero in tour con i Beatles nei giorni che hanno cambiato per sempre le loro vite. E la storia della musica»

Ha la voce incrinata dall’emozione Paul Berriff, 63 anni, oggi documentarista della Bbc, mentre riaffiorano i ricordi di quei giorni gloriosi a cavallo tra il 1963 e il 1964.

Quando aveva 16 anni e sognava di diventare il migliore fotoreporter dello Yorkshire.

«Di quelli che beccano i rapinatori mentre fuggono dalla banca con il bottino tra le mani»

E invece no, ecco com’è andata: «Il caporedattore di un quotidiano locale mi ordina di stare incollato a quattro tizi che suonano una musica assordante con le chitarre elettriche. “La chiamano pop music, ma non so che cosa sia” disse schifato»

È così che Berriff si ritrova alle 5 di pomeriggio del 2 novembre 1963 fra le mura gelide del City Hall Theatre di Sheffield.
«All’improvviso vedo quattro ragazzi con i capelli sugli occhi, le giacche e i pantaloni stazzonati, che entrano a passo svelto. Hanno le guance rosse e le mani viola. Nessuna guardia del corpo o manager al seguito. Solo due poliziotti locali che fisicamente ricordavano molto Stanlio e Ollio.

“Tranquillo, adesso ci cambiamo per le foto. Abbiamo dormito sul nostro furgone. Che non è comodo e non ha nemmeno il riscaldamento” si affretta a spiegare John Lennon»

Quelle foto realizzate a Sheffield e in vari teatri dello York-shire, riemersero, dopo 47 anni.
«Sapevo di avere alcune pellicole mai sviluppate. Le ho ritrovate qualche settimana fa in una soffitta dopo anni di ricerche. Ma torniamo a Sheffield: dopo mezz’ora di attesa, George Harrison mi fa cenno di raggiungerli nei camerini. Si sono cambiati giacca e pantaloni, però non le scarpe infangate.

“Questo è l’unico paio bello che abbiamo” confessa Paul McCartney, mentre rovista nelle tasche alla ricerca di una sigaretta. Alle sue spalle, Ringo e George hanno iniziato una battaglia a colpi di popcorn. In 10 secondi il camerino è un tripudio di fiocchi di mais che si infilano dappertutto, anche tra i capelli di John»

Dettagli straordinari: mentre nel mondo scoppiava la beatlesmania, John, Paul, Ringo e George si muovevano lungo la Gran Bretagna come una band di esordienti che non si prende sul serio.


«S’immagini la scena: un fotografo sedicenne e brufoloso che impone pose ai Fab four: ragazzi, adesso fate il trenino, Paul, smettila di ridere, John, tirati via i capelli dagli occhi, George, accenditi una sigaretta! Non avevano un vero press agent e nemmeno qualcuno che organizzasse sul serio i loro spostamenti»

Persino le prove prima degli spettacoli erano totalmente improvvisate e casuali.


«Il giorno dopo Sheffield, a Leeds, decidono di sperimentare una nuova canzone: I want to hold your hand. In sala ci siamo solo io e la mia fidanzata. Loro suonano e scherzano, scolandosi decine di bottigliette di Coca-Cola.

L’approccio alle voci e ai cori è maniacale. L’obiettivo è la perfezione delle armonie. Ma, sul più bello, irrompono in teatro 10 infermiere in camice bianco: “Ci hanno chiamato per i Beatles”. E John: “Scusate ragazze, ma proprio non amo farmi misurare la temperatura”»

In realtà erano lì per i fan, o per meglio dire le fan.


«A Leeds, in sala, non c’erano uomini. Solo donne, silenziosissime fino a 10 secondi prima dell’inizio dello show. Poi scoppiava il delirio. Stando seduti a metà sala, era impossibile percepire anche una sola nota.

L’audio era fatto di urla isteriche, pianti e tonfi di fanciulle che crollavano svenute tutt’intorno.

Alla fine dello spettacolo George mi chiede: “Com’è venuta I want to hold your hand?”. E io: ottimo il labiale. Complimenti»

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