5 giugno 2015 : Paul McCartney - Le Nouveau Stade Vélodrome - Marsiglia


In pauroso ritardo, dopo quasi un mese, finalmente sono qui a raccontarvi il mio terzo concerto di Paul, stavolta in terra "straniera". Ho scelto di farvi rivivere quei momenti tramite parole del mio carissimo amico Massimo Tartara...e non solo con le sue parole, ma anche con le sue splendide foto. 
Io posso solo aggiungere di aver visto un Paul ancora in formissima, tanto che spero di rivederlo presto di nuovo, magari in Italia. Tutte le emozioni da me vissute sono lì nelle nel racconto e nelle parole di Massimo..

5 giugno 2015 – Marsiglia, stadio Velodrome –
          di Massimo Tartara
Sono sotto il palco….. di fronte a me ho il celebre pianoforte Yamaha. Mi giro e dagli schermi laterali si sta componendo la sagoma del basso Hofner. So bene cosa significa, sono le 21,36, l’attesa – che per me dura dalle 14,40 - è finita. Si spengono le luci, il pubblico che gremisce lo stadio lo acclama, l’adrenalina sale, le urla coprono ogni suono, le braccia sono protese verso il palco! Paul spunta alla mia sinistra con una giacca tra il lilla ed il violetto (del resto siamo in Provenza), saluta il pubblico ed accenna un inchino con la testa. Si gira e cerca l’intesa prima con Abe, poi con Rusty e con Brian, Wix è già in postazione……… Via!!!

“Ooh I need your love babe, guess you know it's true”…. “Eightdays a week” è il primo pezzo della setlist della serata eseguito con la solita maestria, condito da un gioco di colori vivaci che movimenta il maxischermo alle sue spalle.

Dopo aver salutato in un timido francese e scaldato, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, la folla, Paul esegue nell’ordine: “Save us” tratto dall’ultimo album del 2012 “NEW”, “Got to get you into my life” e “Listen to what the man said” prima di cimentarsi in “Temporary secretary” dall’album “MCCartney II”, canzone che ha fatto discutere non poco i fan e che ha suonato lo scorso 23 maggio a Londra per la prima volta in assoluto dal vivo.

Prima di mettere al collo la coloratissima Gibson Les Paul custom, creata apposta per lui, Paul si toglie la giacca per la gioia delle migliaia di fan urlanti e un po’ meno per chi, come me, deve gestire il bianco sparato della sua camicia con la macchina fotografica. A seguire uno dei suoi cavalli di battaglia: una vibrante “Let me roll it”, celebre pezzo dei Wings seguito, come di consueto, dall’assolo di Hendrix “Foxy Lady”. Il maxischermo è un’esplosione di luci e colori!!!
Ancora un cambio di chitarra, questa volta sfodera una Epiphone Casinò con la quale esegue la celebre “Paperback writer”. Paul spiega che è la stessa usata per incidere la celebre canzone negli anni sessanta anche se, confrontandola con le foto d’epoca, mi vien qualche personalissimo dubbio; la canzone ad ogni modo è fantastica ed eseguita con un piglio molto più rock rispetto alla versione del 1966.

E’ passata quasi mezz’ora ed il tempo sembra sia volato. Paul posa la chitarra e si accomoda al piano dove esegue “My Valentine”, dedicata alla moglie Nancy Shevell, mentre canta sul maxischermo scorre un video nel quale Johnny Deep e Natalie Portman recitano la canzone utilizzando il linguaggio per i sordomuti; seguono: “Nineteen hundred and eight five” ed una struggente “The long and winding road”. Per concludere la sessione al piano, Paul ci fa ascoltare una sempre favolosa e commovente “May be I’m amazed”, dedicata alla prima moglie Linda; le immagini che scorrono sullo schermo e fanno emozionare il pubblico sono tratte dalla copertina del primo disco solista “McCartney” uscito nel 1970, toccante l’immagine di Mary accoccolata nel giaccone del padre.

“I’ve just seen a face” fa saltellare e cantare praticamente tutto lo stadio e riporta brio ed allegria allo show di seguito le spumeggianti “We can work it out” ed “Another day”.

A questo punto della serata Paul ci propone il suo ultimissimo pezzo: “Hope for the future”, colonna sonora del videogioco Destiny, proiettato nello schermo retrostante, a seguire una splendida ed intramontabile “And I love her”, non prima di aver interagito col pubblico chiedendo quanti provenissero dalla Francia, quanti da fuori e quanti da Marsiglia, “siparietto” scontato e ricorrente, ma in fondo sempre carino.

Arroccato, sulla piattaforma che lo accompagna da un paio di anni a questa parte nei tour, da cui domina la platea, esegue due pezzi mozzafiato: le acustiche “Blackbird” ed” Here today”, quest’ultima in memoria di John Lennon “to my friend John” viene ascoltata dal pubblico in religioso silenzio.

Sul palco, nel frattempo, è stato posizionato lo psichedelico piano Magic col quale esegue nell’ordine “New” e “Queenie Eye” tratti dall’ultimo album. A questo punto del concerto Paul mette a segno una sequenza di brani per i fan più esigenti, quelli che son venuti anche per sentire il “Beatle”!

Il primo della serie è “Lady Madonna”, tributo alla figura femminile e materna in particolare, non a caso sul maxi schermo passano le immagini di donne e madri con forti personalità e responsabilità, tra cui la stessa Linda.

“A song for children from the album Yellow Submarine” ci annuncia Paul tornato alla chitarra, una Martin & Co. stavolta, “one, two, three, four, can I have a little more?” “All together now” prende il sopravvento portando allegria e voglia di ballare, l’artista è carico e ci fa ascoltare prima “Michelle”, l’unico brano dei Beatles con parole in francese non poteva certo mancare, poi “Lovely Rita” (con la Gibson a dodici corde) e ancora “Eleanor Rigby” accompagnato da una voce d’eccezione: Abe, sceso nel frattempo dalla batteria e, dopo un paio di “yeah yeah”, “Being for the benefit of Mr. Kite!”, in omaggio ad uno dei più conosciuti album dei Fab, Sgt. Pepper, come ci sottolinea lo stesso Paul.

Chi ha già visto i concerti di Paul, sa che ci sono momenti chiave, che la scaletta prevede dei classici che lui eseguirà sempre e quando gli porgono l’Ukulele, tutti sanno che è arrivato il momento di “Something” e di rendere omaggio “to my friend George”. I riflettori son puntati tutti su di lui e la musica sembra esca solo dal suo strumento, fino a metà canzone, quando prepotentemente la band e le chitarre prendono il sopravvento e sul maxischermo compaiono le foto di George Harrison.

Paul, che nel frattempo è tornato ad imbracciare il suo inseparabile basso, è un vecchio volpone e sa sempre come catalizzare l’attenzione del pubblico, la simpatica “Obladi Oblada”, fa scatenare in una grande festa tutto il Velodrome! Chi non conosce questa canzone? Chi non l’ha mai cantata almeno una volta?

Si ritorna ai Wings, questa volta con “Band on the run”, sul maxischermo tra gli altri si scorge Christopher Lee, attore apparso sulla copertina dell’omonimo album e scomparso due giorni dopo il concerto di Marsiglia. Segue uno dei brani più rock dei Beatles, “Back in the U.S.S.R.”, il palco è un tripudio di suoni e luci!
Siamo quasi a 2 ore di concerto, Paul gioca col basso, finge di tirarlo tra la folla….a questo punto la scaletta entra nel vivo e nel classico, le luci si abbassano, lui si siede al pianoforte ed intona “Let it be”. Una volta erano gli accendini a farla da padrone durante questa canzone, ora mi giro e vedo migliaia di cellulari accesi che non solo riprendono, ma creano la stessa atmosfera.

Non poteva mancare, a questo punto della setlist, l’esplosiva “Live and let die” con il fragore e la spettacolarità dei suoi fuochi d’artificio! Alla fine della canzone Paul, come al solito, si appoggia al piano, scuote la testa e si tappa le orecchie, è un giochino che fa sempre ormai il pubblico se lo aspetta, non ne può fare a meno. Senza, il concerto non sarebbe la stessa cosa!
Cambio di pianoforte, si passa ancora al Magic per un altro classico: “Hey Jude”. Per l’occasione il pubblico francese si è attrezzato con fogli A4 su cui è stato scritto “NA”, così, quando s’intona il coro e le telecamere inquadrano il pubblico, l’effetto sul maxischermo è ancor più suggestivo.

Un rapido saluto e poi di nuovo sul palco, con le bandiere francese ed inglese nel rispetto della ormai consolidata tradizione quale saluto e ringraziamento. Primo bis con : “Another girl” tratta dall’album Help del 1965, seguita da “Hi hi hi”, celebre singolo dei Wings pubblicato nel 1972 e da “Can’t buy me love”, dei Fab.

Ancora un piccolo break e Paul si ripresenta per il secondo ed ultimo bis.
Apre con una splendida acustica “Yesterday”, che pur essendo la canzone più coverizzata della storia della musica, è un ascolto sempre piacevole e prosegue con “Helter skelter” che è nota per aver anticipato diversi elementi del genere rock che si sarebbero sviluppati solo anni più tardi rispetto al 1968 quando nacque, ossia l’hard rock e l’heavy metal.
Dopo aver ringraziato il meraviglioso pubblico, tutti i suoi collaboratori e la band, Paul conclude il concerto, come consuetudine, con “Golden slumbers”, “Carry that wight” e “The End”, per un totale di circa 2 ore e 50 minuti circa e ben 41 canzoni.Qualcuno a fianco a me gli grida “à la prochaine”, alla prossima Paul, alla prossima!
          Massimo Tartara









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