Beatles: La collezione di Francesca Delogu
Una raccolta interamente dedicata ai quattro ragazzi di Liverpool? Sì, è quella di Francesca Delogu. Che è cresciuta a pane e Beatles (anche grazie ad un lungimirante baby-sitter)
La colonna sonora di una vita. Con i primi ricordi che rimontano all'infanzia. «Aveva diciott'anni Franco quando ci faceva da baby-sitter. Maglietta, pantalone a zampa da ragazzo anni '70, e tanti dischi per tenerci buoni. Come Revolver, un album psichedelico che ha segnato una svolta nello stile dei Beatles». Poco più che bambina a Udine, Francesca Delogu inizia a coltivare una passione che l'accompagnerà senza sosta per gli anni a venire. «E la cosa mi stupisce perché sono piuttosto infedele in fatto di musica. Però i loro album mi piacciono tutti, anche i primi. Quelli che la frangia più intellettuale dei critici snobba un po', osannando le avanguardie della maturità». Come un Sgt. Pepper's Lonely Heart's Club Band, per capirci. In salotto, ed è già una chicca da collezionista, Francesca ci mostra uno scatto antecedente a quella che sarebbe diventata la copertina ufficiale del disco. «George Harrison e Paul McCartney sono girati di spalle. Vedete? Sono pazzeschi con quelle livree in velluto da domatore di leoni».
Dei mitici fab four è proprio Paul quello che ha dato a Francesca le maggiori soddisfazioni. Venerata come una reliquia in casa è la riproduzione del suo basso, l'iconico modello a violino della Hofner. «L'originale lo s'imbraccia al contrario perché lui è mancino. È più leggero rispetto ad un basso comune, per questo lo usa ancora nelle tre ore circa di ogni concerto». Come quello del novembre scorso a Milano, di cui Francesca ci mostra alcune immagini di repertorio. Lei inquadrata sul maxischermo, faccia estatica di chi è sopraffatto da una visione soprannaturale. «C'è lo zampino di mio marito Marcello, che mi ha regalato un vip ticket costato una fortuna». Sì, perché dà l'accesso alle prove di Paul, un blindatissimo concerto nel concerto solo per i fan più irriducibili. «Firmi una liberatoria dove rinunci a toccarlo e a parlargli. Senza cellulare, dietro una transenna, una volta che inizia ti puoi scordare anche di andare in bagno». Ma l'emozione dell'istante ripaga tutto. «Un blackout assoluto, qualcosa di molto vicino alla perdita di coscienza. Mi è successo anche a Parigi, quando nel front row della sfilata di Stella McCartney ho letto il cartellino del suo nome».
La beatlemania è una forma di allegro delirio, da viversi giorno per giorno. Magari nella convinzione che porti fortuna. «Ho sempre con me un oggetto legato ai Beatles. Il portafogli con la traversata pedonale di Abbey Road, spillette e portachiavi, un flip book che uso come antistress. Non si salva neppure l'ombrello». In cantina, per sua stessa ammissione, non mancano le palle di Natale a tema. «Poi se fate i bravi, una sera vi invito a giocare alla Playstation a Beatles Rock Band». Senza tralasciare i libri, che da soli occupano una sezione fondamentale. «Questa qui è una piccola bibbia che raccoglie gli spartiti di tutte le canzoni. Sono stati altri a trascriverli perché i Beatles non sapevano leggere le note». E poi la rarità che prende un posto speciale nel cuore del collezionista, un volume di Robert Whitaker autografato di suo pugno. «È il fotografo che ha immortalato l'apice della loro carriera. Ogni volta che vedo certi magnifici scatti da dietro le quinte, con i Beatles che stanno per salire sul palco e darsi in pasto alla folla, mi diverto a immaginare i loro pensieri».
E noi con te, Francesca. Fab four ever!
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